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Kintsugi

by Malagnino M J

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1.
trofobionti 04:13
Tre sono inetti alla memoria Profumi, sapori, le strette della braccia sul girovita altrui preso da dietro e fanno il cucchiaio, diverso dal gelido acciaio. La pelle è un organo idraulico: fa le sue microsinfonie coi brividi freddi dei sudori che si ostinano a non cedere alle sottocute richieste e milioni di filiformi, chiara lanugine, danzano a tempo come al Rungrado obbedientissimi al despota del sentimento che hanno dentro e su cui tacciono Conosce le porte Ha archiviato nelle sue stanze, nei suoi loci che sia ferro od ottone Quando la mano non è sul pomello dimenticano di essere materia diventando aggettivi Ad esempio duro e freddo. Due più capziosi, vantano mnemotecniche senza averle esercitate mai. La vista e l'orecchio, loro si che ricordano tutto e tutto demistificano rincorrendo il mosaico, tecnica decorativa e leggi Ed io, volevo solo ricordare come era stringere te Tre sono inetti al passato e vivono solo nel kairos e come erano i tuoi capelli, non basta dire buoni strattonando il più infantile gergo ed un cuscino sprimacciato senza arti ne testa, chiede dopo la scossa di essere abbracciato Ed io, volevo solo ricordare come era stringere te e forse lo farei, se non fosse come avere sulla punta della lingua l'appropriato che non arriva mai Saccheggiato dalla fretta dell'oggetto che muto dice era quasi così ma assai diverso E non lo sai più
2.
i volti si smascherano già con quella semplice etichetta ingombrante ma non si può tacere pur con la stessa difficoltà di restare in un "ci siamo già incontrati una di queste sere?", perché non passa il paradosso del panettiere e non l'hai scelta. Lo dice il passaporto sei proprio quella lì. E la foto affianco ti certifica e fa un dittico con la faccia vera che prova a somigliare a quello scatto imbrattata dal timbro, in calce la firma, lo sento il timbro della voce Sei proprio quella lì. Perciò la lingua va lenta muovendosi su un cono gelato immaginario pigra recita la parte di chi riflette. Blocco milioni di nomi quando dico che ti chiamo, o meglio quando lo faccio senza dirlo. All'arcata superiore tentenna la punta tintinnano gli abbracci veri e i baci che non sono stati mai. Ma non sei il mio specchio, e quindi vedo te quando ti guardo, vedo te Tu hai reso fluido tutto ciò che è stato, quando non c'ero e non c'eri per me, stai contenendo un boccale di ricordi mesciuti fra attese e falsità e quel poco che passa sul serio che c'è più tempo che vita. Quindi gli sguardi si incrociano e ti trasformo in una sequenza di suoni, prende forma il tuo nome ricevo come un eco il mio Ci nominiamo e dopo tu, provi a descrivere tutto un moto che hai dentro che pare il vortice di un'aranciata, o forse agrumi gialli che fanno il verso alle pepite o forse qualche altra cosa, ma cosa? che cosa che non so ed usi solo una parola, lo fai solo con una parola ed io sento di essere tornato a casa
3.
rimembranze 04:17
4.
Abbandonata al sonno davi avanspettacolo, morbido lento come una macchina Sulla faccia non sono pronosticabili i tuoi sonni E bisogna stare attenti ai balletti di sopracciglia e musetto quando imitano lo stropiccìo di un cisto ma senza emettere alcun odore E con mellifluo sguardo involuto ad ape mellifera o a calabrone Con la punta delle mani cerco fra le tue mani la linea della vita quelle sue interpunzioni per determinare quanto lunga sarà e se sarò quello che stringerà quotidianamente, come il pane, un salmo al banchetto, il palmo in mezzo alla folla confusa o metto al dito un anello oppure lo porto all'altare con finte felicitazioni Un ghigno e torno a tuffarmi nei ricordi Le pinne restano sul bordo di graniglia E lasciavi m'immergessi senza boccaglio Senza vestito Tu priva di muta e piena di acca che va messa sempre comunque fai i compiti con le labbra Cifrari mormorati E centinaia di lepidotteri nei reciproci stomaci a quel tempo immerso nel tuo corpo acquatico di saliva sudore e umori Disimparavo il naso se non per respirarti fatta d'aria come eri fatta d'aria come il tuo zodiaco Faccia stanca di sbuffi Purchessia una taumaturga Ha attraversato già il trentaduesimo canto, quelle basse temperature Le immagini di Doré, che scaldano il torso all'altezza del petto, come una storia vera con la legna finita e l'unica possibilità è un'emozione, un'aritmia, un sussulto che ti incendi i lobi delle orecchie, di porpora, adesso di gesso albicante Non sposta un dito ne aspetta dieci su di sé fatti teneri rastrelli Giacché la noia è l'inferno della indifferenza a cui bisogna scampare, non fare il filarino Guarisce la tua presa Se ti dai o prendi il risultato è uguale la concessione è tua La gelosia è un monocolo sui palchi spogli Così la notte, le notti senza calma Come mi vedevi con gli occhi chiusi e sonnecchiosi non eri tu Eri tutta l'umanità E si va' a bisdosso si trotta o si cavalca con l'eleganza di un andaluso dal baio manto o sul tuo slavato manto sempre più perlaceo Muovo una mano sul tuo viso ogni volta che non è un viso da foto Chiedo ai tuoi occhi di portare fuori gli ombrelli e si tengano la pioggia, perché a volte è anche un guizzo di risa, però purché portino via dalla tua testa e non tornino più i pensieracci del mattino
5.
Venere, Marte, Giove, Regolo del Leone, “Pensieri s'allontanano in un soffio” lo annoti nel taccuino e poi, senza perché cade sul parquet il libricino tenuto tra i palmi distratti, oramai. La copertina floreale fa primavera: Stretto in una mano si spegne un soffione soffiato Infruttescenza d'un tarassaco nel puntinismo d'un prato in fiore Biglie piumate da cui il dente di leone fu escluso finendo lì le sue similarità, qualcosa fra scompiglio e il rimedio. Volevi urlargli contro il sesto suono preso in prestito nell'alfabeto dall'alto. Così è un pensiero che muore. Ostinato contrario. Tu e poi il punto esclamativo. Hai sopportato ancora durante il soffio gli inviluppi già note fine ed inizio. Aggiungesti, con le palpebre serrate dal Sole: intelligenza e menzogna sono due sillabe. Non aspetti più, le ore si fabbricano uguali niente grani di sabbia ma l'incedere ottuso e testardo di due lancette, a fare lo stesso giro. L'applauso di furore sarebbero urla a coperchio sulle urla di un lottatore lo scudo la spada in terra sostituiti da due ideali con cui ti difendevi e attaccavi. Così è un pensiero che muore, non tu. Tu solo più indifferente, semovente. Danza acrobatica audace nella stanza di un'audizione, cercando cerchi sulle labbra negli sguardi. Si riaprono scommesse coi poliedri anelanti al Cielo, al viso. Sei facce, un dado, e ne mostra solo una. E la vita ci farà a pezzi di nuovo. E la vita ci farà a pezzi di nuovo. Imparerò a baciare pensando a te. E la vita ci farà a pezzi di nuovo. Ricuciremo le ferite con l'oro.
6.
è venuta a mancare la forza la voglia di strigliare perché se cerchi quel mare avrai le tue ragioni sarà per il piacere della scomodità sarà per il piacere di una posizione che ignori quella che altrimenti non riusciresti a inventare. E vorresti essere un mobile, non una credenza certo non ti credi legno, levigato in forma di mandragora orfico e oscuro come quel padrone che vorresti inventare perché ti guidi. Affetto una cipolla ed ho un pretesto per piagnucolare per l'affetto che hai deciso di non darti, e che volevo donarti ed essere visto ma senza essere visto. E tu mi hai visto ed io ti ho visto, ma non possiamo parlare. E ostentiamo una incomprensione per ingigantirla quando la racconteremo ad occhi assenti. La pianta bulbosa fatta a fette, il soffritto con l'olio buono buono dal frantoio in pietra il pranzo t'accarezzerà dentro, nell'intestino ma non nell'animo resto con un pacchetto in gola sono un fiocco da scartare, e adesso scegli quale fra le due lessicali entrate: rifiuto o liberare. Perciò sono più presente e solo tu potresti farmi dimenticare solo il tuo viso, solo il tuo viso i colori sgargianti delle foglie in autunno, l'ennesima stagione si confonde con quattro di quelle prima la serotina che ho smesso di produrre la produzione poetica della domenica sera che mostro a un amico che è paziente come un vecchio con tre grambe e ascolta perché anche lui non ha più forza d'andare
7.
avvolte 04:16
A volte, A volte vorrei diventare vapore per piante e sospiri, Ancora Anche adesso che non ho una meta ma ho una metà Sonno così nudo: tutte le radici crescono in tutta fretta dentro vaso di vetro incolore non tiene nulla per sé mostra tutto, nella deforme enormità che dona l'acqua Le mie radici crescono rigogliose e fraintese stanno cercando il buio E non hanno dove nascondersi M'incammino alla notte, al sonno, al sogno o tanti: ai sogni forse di noi stretti guancia-guancia. Giro le maniglie alzo le coperte, dirò col labiale: continua lascia cadere la zavorra quando sarai tanto leggera da rischiare il volo ricorda, se vuoi, di stringermi la mano Scoprirai il mio peso Andremo a fare compagnia agli stormi: verrò con te se ti stringerò a terra: abbandona pure la presa continua sola verso il Sole, è troppa luce

about

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credits

released November 8, 2017

mjm: testi, collage, cdj, potenziometro, voce
aldo nozzolillo: basso, riccardo dipaola: pad-elettrici
guest → benpresto: campionamenti in 1 e 5
guest → emanuele bartolini: frammenti vocali in 1

collage realizzati con suoni di:
federica maglioni: bansuri, vito maria laforgia: viola da gamba, chiara giola: sax, enrico siliotto: piano, flavio vallone: chitarra acustica, aldo becca: ableton, reason, basso, david lucchesi: chitarra noise, stefano sperandii: roland tr909, natalie karen perrotta: voce, denisa elena soldan e alice belluzzo: coro, massimo ferrara: synth, basso
brani 3 e 7 contengono suoni ripresi dall'ultima performance live del progetto Psss Psss Pssss realizzata a Giulianova (TE) l'11/11/11
con michele brandimarte: basso, claudio bollini: batteria, sergio pomante: sax alto, alessandro di bonaventura: tromba, riccardo maggitti: sax tenore, e un altro percussionista e un chitarrista misterioso, assieme con mjm al mixer e alle musiche spifferate nelle orecchie e direzione

post-produzione e missaggio realizzato da aldo becca

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m [dot] malagnino [at] gmail [dot] com

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Malagnino MJ Mesagne, Italy

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