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trofobionti
04:13
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Tre sono inetti alla memoria Profumi, sapori, le strette della braccia
sul girovita altrui preso da dietro e fanno il cucchiaio, diverso dal gelido acciaio. La pelle è un organo idraulico: fa le sue microsinfonie coi brividi freddi dei sudori che si ostinano a non cedere alle sottocute richieste e milioni di filiformi, chiara lanugine, danzano a tempo come al Rungrado obbedientissimi al despota del sentimento che hanno dentro e su cui tacciono
Conosce le porte Ha archiviato nelle sue stanze, nei suoi loci
che sia ferro od ottone Quando la mano non è sul pomello
dimenticano di essere materia diventando aggettivi Ad esempio duro e freddo. Due più capziosi, vantano mnemotecniche senza averle esercitate mai. La vista e l'orecchio, loro si che ricordano tutto e tutto demistificano rincorrendo il mosaico, tecnica decorativa e leggi
Ed io, volevo solo ricordare come era stringere te
Tre sono inetti al passato e vivono solo nel kairos
e come erano i tuoi capelli, non basta dire buoni strattonando il più infantile gergo ed un cuscino sprimacciato
senza arti ne testa, chiede dopo la scossa di essere abbracciato
Ed io, volevo solo ricordare come era stringere te
e forse lo farei,
se non fosse come avere sulla punta della lingua l'appropriato che
non arriva mai Saccheggiato dalla fretta dell'oggetto
che muto dice era quasi così ma assai diverso E non lo sai più
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2. |
o forse agrumi gialli
03:56
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i volti si smascherano già con quella semplice etichetta ingombrante ma non si può tacere pur con la stessa difficoltà di restare in un "ci siamo già incontrati una di queste sere?", perché non passa il paradosso del panettiere e non l'hai scelta. Lo dice il passaporto
sei proprio quella lì. E la foto affianco ti certifica
e fa un dittico con la faccia vera che prova a somigliare a quello scatto
imbrattata dal timbro, in calce la firma, lo sento il timbro della voce
Sei proprio quella lì. Perciò la lingua va lenta muovendosi su un cono gelato immaginario pigra recita la parte di chi riflette. Blocco milioni di nomi quando dico che ti chiamo, o meglio quando lo faccio senza dirlo. All'arcata superiore tentenna la punta tintinnano gli abbracci veri e i baci che non sono stati mai.
Ma non sei il mio specchio, e quindi vedo te quando ti guardo, vedo te
Tu hai reso fluido tutto ciò che è stato, quando non c'ero e non c'eri per me, stai contenendo un boccale di ricordi mesciuti fra attese e falsità
e quel poco che passa sul serio che c'è più tempo che vita.
Quindi gli sguardi si incrociano e ti trasformo in una sequenza di
suoni, prende forma il tuo nome ricevo come un eco il mio
Ci nominiamo e dopo tu, provi a descrivere tutto
un moto che hai dentro che pare il vortice di un'aranciata, o forse agrumi gialli che fanno il verso alle pepite o forse qualche altra cosa, ma cosa? che cosa che non so ed usi solo una parola, lo fai solo con una parola ed io sento di essere tornato a casa
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rimembranze
04:17
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Abbandonata al sonno davi avanspettacolo,
morbido lento come una macchina
Sulla faccia non sono pronosticabili i tuoi sonni E bisogna stare attenti
ai balletti di sopracciglia e musetto
quando imitano lo stropiccìo di un cisto
ma senza emettere alcun odore
E con mellifluo sguardo involuto ad ape mellifera o a calabrone
Con la punta delle mani cerco fra le tue
mani la linea della vita quelle sue interpunzioni
per determinare quanto lunga sarà e se sarò
quello che stringerà quotidianamente, come il pane,
un salmo al banchetto, il palmo in mezzo alla folla confusa o metto al dito un anello oppure lo porto all'altare
con finte felicitazioni
Un ghigno e torno a tuffarmi nei ricordi
Le pinne restano sul bordo di graniglia
E lasciavi m'immergessi senza boccaglio
Senza vestito Tu priva di muta e piena di acca che va
messa sempre comunque
fai i compiti con le labbra Cifrari mormorati
E centinaia di lepidotteri nei reciproci stomaci
a quel tempo immerso nel tuo corpo acquatico di saliva sudore e umori
Disimparavo il naso se non per respirarti
fatta d'aria come eri fatta d'aria come il tuo zodiaco
Faccia stanca di sbuffi Purchessia una taumaturga
Ha attraversato già il trentaduesimo canto, quelle basse temperature
Le immagini di Doré, che scaldano il torso
all'altezza del petto, come una storia vera
con la legna finita
e l'unica possibilità è un'emozione, un'aritmia, un sussulto
che ti incendi i lobi
delle orecchie, di porpora,
adesso di gesso albicante Non sposta
un dito ne aspetta dieci su di sé fatti teneri rastrelli Giacché
la noia è l'inferno della indifferenza
a cui bisogna scampare, non fare il filarino
Guarisce la tua presa
Se ti dai o prendi il risultato è uguale la concessione è tua
La gelosia è un monocolo sui palchi spogli
Così la notte, le notti senza calma
Come mi vedevi con gli occhi chiusi e sonnecchiosi
non eri tu Eri tutta l'umanità E si va'
a bisdosso si trotta o si cavalca con l'eleganza di un andaluso dal baio manto o sul tuo slavato manto
sempre più perlaceo Muovo una mano
sul tuo viso ogni volta che non è un viso da foto
Chiedo ai tuoi occhi di portare fuori gli ombrelli
e si tengano la pioggia, perché a volte è anche un guizzo di risa,
però purché portino via
dalla tua testa e non tornino più i pensieracci del mattino
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5. |
lo scudo la spada
05:38
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Venere, Marte, Giove, Regolo del Leone,
“Pensieri s'allontanano in un soffio”
lo annoti nel taccuino e poi, senza perché
cade sul parquet
il libricino tenuto tra i palmi distratti, oramai.
La copertina floreale fa primavera:
Stretto in una mano si spegne un soffione
soffiato Infruttescenza d'un tarassaco
nel puntinismo d'un prato in fiore
Biglie piumate da cui il dente di leone
fu escluso finendo lì le sue similarità, qualcosa fra
scompiglio e il rimedio.
Volevi urlargli contro il sesto suono
preso in prestito nell'alfabeto dall'alto.
Così è un pensiero che muore.
Ostinato contrario. Tu e poi il punto esclamativo.
Hai sopportato ancora durante il soffio
gli inviluppi già note fine ed inizio.
Aggiungesti, con le palpebre serrate dal Sole:
intelligenza e menzogna sono due sillabe.
Non aspetti più, le ore si fabbricano uguali
niente grani di sabbia
ma l'incedere ottuso e testardo di due lancette,
a fare lo stesso giro.
L'applauso di furore
sarebbero urla a coperchio sulle urla di un lottatore
lo scudo la spada in terra sostituiti da due ideali
con cui ti difendevi e attaccavi.
Così è un pensiero che muore, non tu.
Tu solo più indifferente, semovente.
Danza acrobatica audace nella stanza di un'audizione,
cercando cerchi sulle labbra negli sguardi.
Si riaprono scommesse coi poliedri
anelanti al Cielo, al viso. Sei facce, un dado,
e ne mostra solo una.
E la vita ci farà a pezzi di nuovo. E la vita ci farà a pezzi di nuovo.
Imparerò a baciare pensando a te. E la vita ci farà a pezzi di nuovo.
Ricuciremo le ferite con l'oro.
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6. |
la cipolla pretestuosa
04:58
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è venuta a mancare la forza la voglia di strigliare
perché se cerchi quel mare avrai le tue ragioni
sarà per il piacere della scomodità
sarà per il piacere di una posizione che ignori
quella che altrimenti non riusciresti a inventare.
E vorresti essere un mobile, non una credenza
certo non ti credi legno, levigato in forma di mandragora
orfico e oscuro come quel padrone
che vorresti inventare perché ti guidi.
Affetto una cipolla ed ho un pretesto per piagnucolare
per l'affetto che hai deciso di non darti, e che volevo donarti
ed essere visto ma senza essere visto.
E tu mi hai visto ed io ti ho visto, ma non possiamo parlare.
E ostentiamo una incomprensione per ingigantirla
quando la racconteremo ad occhi assenti.
La pianta bulbosa fatta a fette,
il soffritto con l'olio buono buono dal frantoio in pietra
il pranzo t'accarezzerà dentro, nell'intestino ma non nell'animo
resto con un pacchetto in gola
sono un fiocco da scartare, e adesso scegli quale
fra le due lessicali entrate: rifiuto o liberare.
Perciò
sono più presente e solo tu potresti farmi dimenticare
solo il tuo viso, solo il tuo viso
i colori sgargianti delle foglie in autunno,
l'ennesima stagione si confonde con quattro di quelle prima
la serotina che ho smesso di produrre
la produzione poetica della domenica sera che mostro a un amico
che è paziente come un vecchio con tre grambe
e ascolta perché anche lui non ha più forza d'andare
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7. |
avvolte
04:16
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A volte, A volte vorrei diventare vapore
per piante e sospiri, Ancora Anche adesso
che non ho una meta ma ho una metà
Sonno così nudo:
tutte le radici crescono in tutta fretta dentro
vaso di vetro incolore non tiene nulla per sé
mostra tutto, nella deforme enormità che dona l'acqua Le mie radici crescono rigogliose e fraintese stanno cercando il buio
E non hanno dove nascondersi
M'incammino alla notte, al sonno, al sogno o tanti: ai sogni
forse di noi stretti guancia-guancia. Giro le maniglie
alzo le coperte, dirò col labiale: continua
lascia cadere la zavorra quando sarai tanto leggera
da rischiare il volo ricorda, se vuoi,
di stringermi la mano Scoprirai il mio peso
Andremo a fare compagnia agli stormi: verrò con te
se ti stringerò a terra: abbandona pure la presa
continua sola verso il Sole, è troppa luce
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